LIVE NIRVANA INTERVIEW ARCHIVE January ??, 1994 - Seattle, WA, US
Personnel
- Interviewer(s)
- Ernesto Assante
- Interviewee(s)
- Krist Novoselic
Sources
Publisher | Title | Transcript |
---|---|---|
La Repubblica | Nirvana: non chiamateci rockstar | Yes (Italiano) |
Transcript
STELLE del rock, ex principi dell' underground di Seattle, i Nirvana sono in tour in Europa da qualche settimana e stanno per arrivare in Italia: il 21 a Modena, il 22 a Roma, il 24 ed il 25 a Milano: "E' un tour che sta andando molto bene" dice Krist Novoselic, il bassista della band americana, "abbiamo uno spettacolo migliore che in passato, con un nuovo chitarrista, Pat Smear, e di una solista di cello, Lori Glodston, che ci danno modo di mettere a fuoco meglio la nostra musica e le nostre idee". Un tour mondiale, dodici milioni di copie vendute degli ultimi due dischi, Nevermind e In Utero, copertine su tutti i grandi giornali: i Nirvana, da eroi del nuovo punk sono diventati delle vere e proprie rockstar? "Decisamente no", afferma Novoselic. "Non amo vedere me stesso come una superstar, è un ruolo che rappresenta tutto il contrario di quello in cui credo. Non penso di essere un tipo particolare, credo che nessuno debba essere considerato una persona speciale solo perché suona in una rock band. Il punk è nato per abbattere le star, per mandare al diavolo chi pensava che i Rolling Stones fossero dei re. Quando sei in scena puoi illuderti di essere davvero potente, di vivere in un universo parallelo, se non te ne rendi conto, se non cerchi di tenere i piedi per terra, puoi diventare matto". I Nirvana come ultimi alfieri della ' purezza' rock, inguaribili ribelli, trasgressori per vocazione? Probabilmente sì anche se è certo che i tre Nirvana, Kurt Cobain, Krist Novoselic e Dave Grohl, sono stati quelli che hanno aperto la strada per moltissime ' alternative bands' verso i contratti miliardari, abbandonando le etichette indipendenti per le più remunerative majors: "Siamo in un business, ed il music business è denaro", dice Novoselic, "c' è gente che con noi e la nostra musica guadagna un sacco soldi, ma la band siamo noi ed è giusto che cerchiamo di guadagnare più soldi possibile. Abbiamo tradito? Abbiamo venduto l' anima al diavolo? No, la nostra musica, il nostro modo di vivere sarebbe diverso. Se facessi tutto questo solo per i soldi avrei tradito non tanto il pubblico, quanto me stesso". In Utero, il loro lavoro più recente, ha confermato i Nirvana come una band di ' pop estremista' , come lo ha definito Kurt Cobain, cantante e leader: "una buona definizione", conferma Novoselic, "perché non ci interessa solo il ritmo, l' energia, il rumore e la tensione, ma anche la melodia, la passione che riusciamo ad esprimere. Ogni canzone è diversa dalle altre, esprime sentimenti diversi e quindi vive di una diversa musicalità. Se facessimo sempre le stesse cose sarebbe difficile andare avanti, saremmo i primi ad annoiarci. Ci piace ancora sperimentare, lo faremo anche in futuro". Il grunge, lo stile, Seattle, sembrano cose dimenticate, già lontane, consumate su troppe pagine di riviste di moda: oggi i Nirvana pensano al rock in termini generali, vogliono affrontare la musica senza etichette e senza preconcetti: "E' rock, perché ha un appeal emozionale che è legato alla sua storia, è quello di Elvis, quello dei Sex Pistols, quello dei Germs, è musica che nasce e muore assieme alle emozioni della vita e non ha nulla a che vedere con l' immagine di whisky, motociclette e belle donne che il mercato ha cercato di imporre. Quel rock non esiste, è noioso, è fatto da cloni tutti uguali ad Axl Rose. Noi viviamo per suonare, non suoniamo per vivere e la gente, i ragazzi che vengono ai nostri concerti, lo sanno; vogliono divertirsi, ma anche avere un' esperienza fisica ed emozionale capace di trasformarli, di farli reagire, magari anche solo per un' ora". E magari anche pensare: "Sì, far funzionare la testa, capire che il mondo non va nel verso giusto. Soprattutto oggi, soprattutto ora che veniamo a suonare in Italia, a pochi passi da una guerra che mi coinvolge terribilmente perché la mia famiglia è originaria della Bosnia". Il rock, come si pensava un tempo, può cambiare il mondo? "No, ma non bisogna smettere di pensarlo".
© Ernesto Assante, 1994